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Argille Azzurre, doppia intervista
Barbara De Ponti / Paolo Zambianchi da Confinis

progetto a cura di Marco Tagliafierro


E’ proprio vero che la Geologia è la più romantica delle scienze?
Le scienza della Terra possono contemplare dissolvenze con contesti umanistici?
Se siamo i nostri incontri, le nostre relazioni si possono rivelare germinative?
Queste alcune delle questioni che questo confronto sul confine
pone allo scopo di individuare nuove possibilit per la gestione di un archivio interdisciplinare.

BDP – Sei un geologo: la mia visione della Geologia la pone come la più romantica tra le scienze. Mi sono costruita questa opinione considerando l’ambito molto ampio del vostro sapere che prevede anche conoscenze umanistiche o, forse, mi condiziona maggiormente conoscere la tua personale formazione che include studi classici?

PAZ
– Il geologo è laureato in scienze della Terra, una disciplina che include tutti gli elementi e i processi che costituiscono il nostro pianeta, e non solo, quali le rocce, il suolo, l’atmosfera, l’acqua. Solo dopo l’esame di stato, chi decide di fare la professione del geologo, utilizza sul campo gli elementi specifici della geologia applicata all’ingegneria partendo da una preparazione di base sulla fisica, chimica e matematica. Quindi una serie complessa di dati scientifici da considerare contemporaneamente. La multidisciplinarietà di questa scienza “giovane” non le ha permesso, se non in tempi recenti grazie anche allo sviluppo delle nuove tecnologie, di riuscire a spiegare attraverso modelli e formule alcuni dei principali fenomeni e meccanismi della terra. Prima ci si ‘limitava’ ad attente osservazioni dei processi naturali cercando di intuirne romanticamente alcuni meccanismi. Ancora oggi, nell’immaginario collettivo, l’attività del geologo-tipo risulta più simile alle esperienze fascinose che fece Darwin agli inizi del 1800, raggiungendo mete esotiche con viaggi avventurosi o, all’opposto, a una figura mitologica a metà strada tra uno sciamano e un rabdomante. Conoscendo il tuo lavoro, mi ha incuriosito trovare una pratica artistica che include la collaborazione di professionisti di vari settori, spesso scientifici, creando relazioni germinative.


BDP – Siamo i nostri incontri. La filosofia, la sociologia, e oggi anche studi sul marketing (questo per far capire quanto sia concreta questa affermazione), si sono espressi su questo argomento e la mia è una convinzione profonda che cerco di applicare il più possibile nel mio lavoro e nella vita privata, spesso intrecciandoli. Sono nati così i progetti degli ultimi quindi anni. Collaborazioni professionali e relazioni sociali uniti a studi storici e scientifici anche presso fondi archivistici. Era arrivato il momento di affrontare quello geologico. Come descriveresti un archivio geologico?

PAZ – Ogni porzione di terreno costituisce un archivio geologico, come un linguaggio che si stratifica nel tempo, in cui sono condensate informazioni universalmente codificate che permettono agli addetti la lettura della geocronologia, della polarità e delle biozone


“Ogni porzione di terreno costituisce un archivio geologico,
come un linguaggio che si stratifica nel tempo...”

Quando per il tuo progetto Clay Time Code hai scelto il contesto faentino è stata necessaria la collaborazione con il paleontologo Dott. Luca Santucci per indagare le autoctone Argille Azzurre.
Cosa ti ha portato a scegliere di lavorare a Faenza con la ceramica se non sei una ceramista?

BDP – L’arte si è da sempre interessata a questioni legate alla natura del tempo. Riflettevo sul fatto che con l’argilla modellata si possa creare un’opera con un materiale che si è formato intorno ai 4,5 milioni di anni fa.


“Riflettevo sul fatto che con l’argilla modellata si possa creare un’opera con un materiale che si è formato intorno ai 4,5 milioni di anni fa.”

Faenza, conosciuta come una delle capitali mondiali della ceramica, non sarebbe Faenza senza questa materia prima. Sono abituata a sentir parlare di argomenti geologici avendo tra i nostri più cari amici una schiera di professionisti del settore ed è stata l’occasione per lavorare con loro oltre che con te. Ho parlato con il dott. Luca Santucci che mi ha fornito numerosi spunti su cui riflettere. Mi ha colpito come nella geologia si usino spesso le immagini di fossili, i nannofossili marker, o meglio le loro icone, come strumenti indiretti per datare il tempo. Il tempo geologico, il tempo lunghissimo, profondissimo di Kronos, il mitologico titano figlio dell’unione tra Gea, la Terra, e Urano, il Cielo stellato, il firmamento fecondo. Ecco che ritorna la cultura classica associata alla geologia.
Da professionista che relazione trovi tra la tua scienza e il tempo?







PAZ – Il contributo che la geologia, lo studio moderno sistematico delle scienze della terra, ha dato all’umana comprensione è stato allargare la scala temporale di riferimento: scientificamente non è più legata al rapporto con il tempo della vita di un uomo; ce lo fanno comprendere, ad esempio, i circa quattromilacinquecento milioni di anni con cui si stima l’età della Terra. Quindi l’uomo non è più metro di riferimento ma è comunque lui a studiare e a scegliere il linguaggio per comunicare i risultati di tale studio. Mi sembra che in Clay Time Code si affrontino entrambe i concetti.

BDP – Cito lo storico dell’arte Alessandro Castiglioni nella conversazione che ha avuto con te e che completa la ricerca esposta nella sede del Museo Carlo Zauli di Faenza: “Esiste una sorta di concorso nella costruzione del contenuto, dato in parte da noi che guardiamo il lavoro e in parte dalle motivazioni con cui è nato il lavoro; questo progetto nasce per stimolare una riflessione su quello che possiamo dire sul tempo e su quanto questi piccolissimi organismi antichissimi e estinti possano dire su di noi”.

“Esiste una sorta di concorso nella costruzione del contenuto,
dato in parte da noi che guardiamo il lavoro e in parte dalle motivazioni con cui è nato il lavoro;
questo progetto nasce per stimolare una riflessione su quello che possiamo dire sul tempo e su quanto questi piccolissimi organismi antichissimi e estinti possano dire su di noi”.

Con il paleontologo abbiamo selezionato un foraminifero monocellulare la Globorotalia Puncticulata e un’alga planctonica la Gephyrocapsa Oceanica, estinti. Attraverso le loro immagini scattate al microscopio a scansione sono stata in grado di riprodurre tridimensionalmente gli organismi che determinano l’inizio e la fine del periodo geologico in cui si sono sedimentate le argille e di farlo usando le argille stesse che li contengono. Sculture di oltre un metro sono divenute dei grandi simulacri degli organismi microscopici. E’ sempre la mente umana a porsi quesiti che riguardano anche il fuori da se ma il suggerimento che vorrei arrivasse da questo lavoro è di limitare l’antropocentrismo.

“E’ sempre la mente umana a porsi quesiti che riguardano anche il fuori da se ma il suggerimento che vorrei arrivasse da questo lavoro è di limitare l’antropocentrismo.”

Il lavoro affronta quesiti assoluti; è stato anche la base per un dialogo sulla valenza della forma con l’artista Jens Risch in una mostra promossa e organizzata dalla Galleria Viasaterna a Milano, ma poteva essere realizzato solo a Faenza, e non unicamente per una questione geologica.

PAZ – I fossili marker che hai scelto trovano una correlazione con la datazione assoluta del tempo cronologico nell’ambiente dove tali fossili hanno vissuto ed sono rimasti conservati. Non è un caso che una sede espositiva del progetto sia stata il Museo di Scienze Naturali Malmerendi di Faenza. Nello specifico la sua collezione di fossili provenienti dai calanchi locali, è una vera macchina del tempo che racconta la natura antica e marina di questi organismi. Il museo conserva e ancora raccoglie testimonianze del mare plio-pleistocenico che ricopriva il territorio il cui fondale, dopo evoluzioni tettoniche, sarà osservato e descritto da Leonardo da Vinci nei primi anni del Cinquecento col termine usato ancora oggi Argille Azzurre, come si legge nel codice Leichester.  La relazione col territorio si è stretta anche grazie al convegno organizzato contestualmente dall’associazione Anepla e dall’Ordine dei Geologi dell’Emilia Romagna dal titolo Argille una risorsa tra arte e territorio, ospitato dal Museo Internazionale della Ceramica. Gli argomenti trattati si intrecciano fortemente con quanto proposto da Clay Time Code, che mostra quanto l’esperienza dell’arte si possa riversare sulla nostra esperienza del quotidiano uscendo dalle strutture linguistiche codificate. E poi abbiamo nuove preziose amicizie.

BDP – Sono gli strabilianti ceramisti che hanno permesso che le nostre idee si concretizzassero in oggetti di grande difficoltà tecnica e bellissimi, Aida Bertozzi e Ceramiche Sottosasso di Lorella Morgantini e Marco Malavolti. In modo molto professionale hanno sposato gli intenti del progetto e poi hanno adottato anche noi.

“Sono gli strabilianti ceramisti che hanno permesso che le nostre idee si concretizzassero in oggetti di grande difficoltà tecnica e bellissimi Aida Bertozzi e Ceramiche Sottosasso di Lorella Morgantini e Marco Malavolti. In modo molto professionale hanno sposato gli intenti del progetto e poi hanno adottato anche noi.”



progetto a cura di Marco Tagliafierro
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