Viasaterna presenta ad Artissima 2022 il progetto espositivo, nella sezione Monologue/Dialogue delle opere di Teresa Giannico (Bari, Italia, 1985) e Tami Izko (Cochabamba, Bolivia, 1984).
Tami Izko si è avvicinata al mondo della ceramica quando viveva a Lisbona, imparando la pratica dagli artigiani locali. Utilizzando la plasticità dell'argilla, l'artista si focalizza sulla natura epidermica di questo materiale che modella in forme organiche come riflessione e astrazione del sé e degli elementi che lo configurano. La serie Wounds ruota attorno alle connessioni tra memoria, trauma e resilienza. La separazione lascia una traccia, un segno, una cicatrice o una ferita aperta. Si pensi a due cose strappate l'una dall'altra. Il trauma può essere inteso come una ferita, una sconfitta. Il cambiamento, a sua volta, può avere conseguenze traumatiche altrettanto dolorose che lasciano dei segni. Il dolore è un fenomeno biopsicosociale complesso che ha componenti sensoriali e affettive, oltre a un elemento cognitivo che si riflette nell'anticipazione di un danno futuro.
La serie di lavori più recente si chiama Bezoar (2021 - in corso), un'esplorazione attraverso l'argilla che si concentra principalmente sulla nostra responsabilità nei confronti dello straordinario e sui meccanismi che stanno alla base del magico. Il mito del bezoar come antidoto è rimasto popolare fino al XIX secolo. Si credeva che avesse il potere di un antidoto universale, in grado di agire contro qualsiasi veleno. Il bezoar è una pietra fatta di resti, parti che non hanno seguito il percorso della normalità all'interno di un sistema in cui tutte le componenti hanno un ruolo e il superfluo viene espulso. Un bezoar si trova bloccato, non digerito, intrappolato all'interno senza via d'uscita, se non attraverso una rimozione violenta e forzata.
I ritratti di Teresa Giannico si avvicinano alla pittura, una ricerca intima ed un percorso di meditazione verso il processo di realizzazione dell’immagine.I soggetti derivano da frammenti fotografici trovati sul web, sovrapposti e ritagliati digitalmente con l’ausilio di una tavoletta grafica, al fine di creare immagini nuove, non premeditate in partenza, valore insito nel suo concetto di pittura.
Il nuovo progetto YWR YWR (you will return, you will return 2022) è un dialogo intimo nato a seguito di periodo storico complesso e che indaga i generi di paesaggio e ritratto in quanto elementi figurativi ideali per avviare un percorso di meditazione sul processo di realizzazione di un'immagine. I soggetti sono una trasfigurazione tra reale ed immaginato, analizzano il lavoro del tempo sulla memoria inteso come somma di stratificazioni (tattili, olfattive, visive) che concorrono a creare nella nostra mente delle istantanee ideali di ciò che abbiamo vissuto, non necessariamente più legate al vero. La tecnica di realizzazione stessa è il risultato di più passaggi e sovrapposizioni: i soggetti derivano da foto trovate sul web attraverso una fitta catena di ricerca per immagini visivamente simili al fine di creare un grande archivio digitale da cui prelevare frammenti, “disegnare” ritagli con l'aiuto di una tavoletta grafica, sovrapporre livelli fino al punto in cui le fonti si trasformano in altro, frutto del processo in divenire, strettamente personale, vicino alla memoria e alla percezione di quei momenti rappresentati.
Tami Izko si è avvicinata al mondo della ceramica quando viveva a Lisbona, imparando la pratica dagli artigiani locali. Utilizzando la plasticità dell'argilla, l'artista si focalizza sulla natura epidermica di questo materiale che modella in forme organiche come riflessione e astrazione del sé e degli elementi che lo configurano. La serie Wounds ruota attorno alle connessioni tra memoria, trauma e resilienza. La separazione lascia una traccia, un segno, una cicatrice o una ferita aperta. Si pensi a due cose strappate l'una dall'altra. Il trauma può essere inteso come una ferita, una sconfitta. Il cambiamento, a sua volta, può avere conseguenze traumatiche altrettanto dolorose che lasciano dei segni. Il dolore è un fenomeno biopsicosociale complesso che ha componenti sensoriali e affettive, oltre a un elemento cognitivo che si riflette nell'anticipazione di un danno futuro.
La serie di lavori più recente si chiama Bezoar (2021 - in corso), un'esplorazione attraverso l'argilla che si concentra principalmente sulla nostra responsabilità nei confronti dello straordinario e sui meccanismi che stanno alla base del magico. Il mito del bezoar come antidoto è rimasto popolare fino al XIX secolo. Si credeva che avesse il potere di un antidoto universale, in grado di agire contro qualsiasi veleno. Il bezoar è una pietra fatta di resti, parti che non hanno seguito il percorso della normalità all'interno di un sistema in cui tutte le componenti hanno un ruolo e il superfluo viene espulso. Un bezoar si trova bloccato, non digerito, intrappolato all'interno senza via d'uscita, se non attraverso una rimozione violenta e forzata.
I ritratti di Teresa Giannico si avvicinano alla pittura, una ricerca intima ed un percorso di meditazione verso il processo di realizzazione dell’immagine.I soggetti derivano da frammenti fotografici trovati sul web, sovrapposti e ritagliati digitalmente con l’ausilio di una tavoletta grafica, al fine di creare immagini nuove, non premeditate in partenza, valore insito nel suo concetto di pittura.
Il nuovo progetto YWR YWR (you will return, you will return 2022) è un dialogo intimo nato a seguito di periodo storico complesso e che indaga i generi di paesaggio e ritratto in quanto elementi figurativi ideali per avviare un percorso di meditazione sul processo di realizzazione di un'immagine. I soggetti sono una trasfigurazione tra reale ed immaginato, analizzano il lavoro del tempo sulla memoria inteso come somma di stratificazioni (tattili, olfattive, visive) che concorrono a creare nella nostra mente delle istantanee ideali di ciò che abbiamo vissuto, non necessariamente più legate al vero. La tecnica di realizzazione stessa è il risultato di più passaggi e sovrapposizioni: i soggetti derivano da foto trovate sul web attraverso una fitta catena di ricerca per immagini visivamente simili al fine di creare un grande archivio digitale da cui prelevare frammenti, “disegnare” ritagli con l'aiuto di una tavoletta grafica, sovrapporre livelli fino al punto in cui le fonti si trasformano in altro, frutto del processo in divenire, strettamente personale, vicino alla memoria e alla percezione di quei momenti rappresentati.